4 Maggio 1949…
«La pioggia cadeva con raffiche violente, rabbiose. Era scesa nebbia strana e fitta che in breve aveva avvolto la città e dilagava alla periferia. Le nubi incombevano basse, cupe; avevano riverberi metallici che a tratti lanciavano bagliori vivissimi e a tratti si chiudevano come una piastra plumbea e impenetrabile…
Lo spettacolo era atroce…la gente correva verso la collina: sul muro di fondo del giardino che si trova sotto la basilica, si notava un foro quasi circolare del diametro di quattro metri circa. L’apparecchio aveva picchiato lì, si era schiacciato, incassato, contorto, frantumato…ma la gente portatatasi sul posto aveva un solo pensiero: correre presso quei miseri corpi che si vedevano accanto ai rottami arroventati, recare, se possibile, un soccorso…
Ma quando i più animosi si avvicinavano ai resti fumanti si accorgevano che ormai non c’era più nulla da fare. La sciagura aveva coinvolto tutti, non aveva risparmiato nessuno…
“Chi sono? Da dove verranno?” erano queste le domande che rimbalzavano di bocca in bocca. Sotto la pioggia, al riverbero degli ultimi guizzi delle fiamme, tra il fumo, carabinieri e abitanti di Superga si aggiravano smarriti.
Ad un tratto qualcuno scorgeva dal terreno accanto ai resti dei corpi, due magliette granata con lo scudetto tricolore.
Era una folgore che passava nella mente di chi aveva scorto quei due indumenti.
“E’ l’apparecchio del Torino! Sono i giocatori del Torino che vengono da Lisbona!”.
La notizia subito si diffondeva a Superga, correva giù per frazioni e casolari in tutta la collina.
E attraverso il telefono arrivava in città…».
Tratto da “Belli e Dannati”.