De Biasi con l’Albania a Euro 2016
L’allenatore trevigiano portato in trionfo a Tirana, dopo la storica qualificazione: «È il mio più grande successo». E il Paese ora sogna l’Europa «vera»
Tirana, aeroporto «Madre Teresa»: Gianni De Biasi, con gli occhiali scuri sul volto e ormai senza più voce, fa l’ultimo passo della scaletta che lo riporta a terra dopo il volo dall’Armenia, e si abbandona tra le braccia di Edi Rama, il premier albanese (un socialista con la passione per la pittura). Piange e ride, tutto insieme. Un giorno forse si dirà che questo abbraccio ha anticipato la storia. L’Albania entra per la prima volta in Europa, oggi quella del campionato di calcio per nazioni, che si disputerà la prossima estate in Francia; domani probabilmente quella della politica, dei trattati, di Bruxelles. L’Europa «vera», che questo Paese, che ha attraversato la storia in modo travagliato, tra occupazioni, divisioni e tormenti, ormai vede da vicino (il 27 giugno 2014 l’Unione Europea ha riconosciuto all’Albania lo status di paese candidato).
Ecco, dunque, il primo passo potrebbe averlo fatto proprio lui: De Biasi, l’allenatore della nazionale albanese (dal dicembre 2011), trevigiano, nato a Sarmede nel 1956 da una piccola famiglia di bottegai, quando ancora in Veneto si partoriva in casa e si partiva in cerca di fortuna. Ieri, sbarcato in aereo è stato accolto – oltre che dal primo ministro – da migliaia di tifosi, che lo hanno portato in trionfo fino in piazza «Madre Teresa» (si chiama così, come l’aeroporto: e De Biasi, che ormai si sente albanese, come lui stesso confida, la foto della Beata la usa come immagine di sfondo di WhatsApp): una folla festante, con le bandiere in mano, orgogliosa, che ha ballato e cantato per ore davanti al megaschermo, che intanto trasmetteva le immagini delle partite giocate nella fase delle qualificazioni dalle Aquile nere (in primis quella decisiva di domenica scorsa, il 3-0 in casa dell’Armenia, che ha dato il pass per l’Europeo; ma anche lo straordinario successo di inizio torneo in casa del fortissimo Portogallo di Cristiano Ronaldo). De Biasi ha ricevuto dal presidente dell Repubblica Bujar Nishani la medaglia d’Onore della Nazione, una onoreficenza paragonabile al Cavalierato in Italia.
«È la più grande soddisfazione della mia carriera - ha detto, mettendo questo successo davanti alle straordinarie cavalcate italiane da allenatore con il Modena, portato dalla C alla A; ma anche i successi come calciatore con Inter e Brescia- abbiamo fatto felici tutti gli albanesi, quelli che vivono in patria e i tanti sparsi all’estero. Ci ha spinto un popolo intero». «Rispetto, gratitudine, onore», hanno scritto in tanti sulla bacheca Facebook del mister . «Ormai mi sento albanese – ha ripetuto De Biasi – Negli occhi di questi ragazzi ho visto voglia di stupire, voglia di rivincita nei confronti della vita. Tanti hanno mollato lì il loro paese per andare a cercare fortuna da un’altra parte, chi in Svizzera, in Germania, chi in Svezia. E poi all’estero, le difficoltà estreme, la guerra. È una rivincita che conta. Questo aspetto ha un peso importante ». Alla base del trionfo si intravede quasi ragione ancestrale. In Albania c’è una parola che ha un significato profondo, che si pone alla base dell’intera cultura del Paese. È «besa». Significa «parola data», «parola d’onore». È qui forse che va ritrovata la ragione di tutto. De Biasi l’aveva detto, aveva dato la sua parola: «Quando sono arrivato in Albania – ha ricordato – quattro anni fa, qualcuno sorrideva. Ma io dissi: voi potreste essere i primi albanesi che fanno qualcosa di importante. L’altra sera in spogliatoio l’ho ricordato. A dire il vero glielo avevo ricordato anche prima. Andiamoci dentro decisi, gli ho detto. È stata una cosa meravigliosa ». Prima che arrivasse questo allenatore trevigiano, l’Albania non era mentalmente attrezzata per affrontare gli avversari. Con lui qualcosa è cambiato. E oggi l’Albania si appresta ad entrare nella storia.