«Io, l’Albania e il nostro sogno agli Europei»
Gianni De Biasi ospite ieri nella redazione della Nuova Venezia
«Non ne potevo più del calcio italiano»
MESTRE. «Perchè ho accettato la panchina dell’Albania?
Potrebbero esserci tre-quattro motivi importanti. Ma vi dico il principale: non ne potevo più del calcio italiano. Troppa ipocrisia, intromissione di presidenti in cose tecniche, impossibilità di lavorare in maniera serena, crescente maleducazione. Ho detto basta quando a Udine mi hanno messo alla porta prima che cominciasse il campionato. Poi ho pensato che ho ancora tanto da dare e voglio fare il mio mestiere. Ho scelto l’Albania e non sono pentito. Anzi, ho fatto bene e sono felice».
Gianni De Biasi, ieri a Mestre per un convegno medico-sportivo è stato ospite nella redazione del nostro giornale.
In Italia non è stato trattato bene, in Albania è un idolo, un condottiero che ha guidato un popolo – sportivo – alla riscossa dopo decenni di umiliazioni. Quella sera a Genova, quando si è giocata Italia-Albania, c’erano seimila tifosi azzurri e ventimila albanesi.
«Ci sono tanti motivi per riflettere» riprende il tecnico di Sarmede «il calcio italiano perde colpi e credibilità eppure gli allenatori italiani sono richiesti all’estero. Noi il calcio lo studiamo, tatticamente siamo più avanti degli altri, ma non sappiamo cogliere le occasioni. Pensiamo di avere il campionato migliore, facciamo fatica ad imparare una lingua per lavorare all’estero, siamo richiesti, sì, ma pensate in realtà alle opportunità perse nelle nuove frontiere, tipo Cina, Emirati, eccetera».
Non parliamo di politica, ma quella sera di Serbia-Albania… «Un brutto ricordo. Quella partita non doveva essere giocata, Serbia e Albania non dovevano essere messe nello stesso girone. C’erano solo tifosi serbi, ai nostri non sono stati venduti biglietti. Durante il riscaldamento pre partita ci urlavano “vi uccidiamo, vi uccidiamo”. Poi la rissa, le botte in campo, il drone con la nostra bandiera. Nella mia squadra c’erano giocatori che avevano avuto parenti uccisi nella guerra con i serbi».
Lei non ha problemi di stage come Conte.
«I miei giocano quasi tutti all’estero. Li seguo direttamente io, viaggiando, o gli altri collaboratori nello staff. In Italia i più conosciuti sono Berisha, il portiere della Lazio, e Hisaj, che è diventato un uomo chiave nella difesa del Napoli. Ma vi posso fare una serie di nomi di giocatori di qualità».
Pronto per gli Europei?
«Prontissimo. Siamo nel girone della Francia, vabbè, ma saremo là a giocarcela. Esserci è già un sogno che si avvera, andiamo per prolungarlo. Andremo a prepararci in Austria, giocheremo una amichevole con la Germania, test veri, agli Europei non c’è solo la squadra ma un intero popolo.
E se ricapita un Italia-Albania agli Europei?
«Non sopporto il falso sentimentalismo, ad uso e consumo della gente. Faccio il professionista, dirigo la squadra albanese, gli altri avversari sono tutti uguali. Magari canto “Fratelli d’Italia” prima della partita, ma quando l’arbitro fischia l’inizio, giuro, divento albanese».