«Messina, un match-point»
Il tecnico guarda già a domenica: «Vietato scendere in campo pensando al pari»
De Biasi: « Conta non perdere, però la vittoria sarebbe quasi decisiva per noi»
«Non abbiamo la mentalità adatta: se speculiamo, prima o poi il gol lo prendiamo. Invece dobbiamo cercare di dare noi la zampata alla partita» «Il San Filippo non sarà uno stadio ma un’arena, serve un Toro da corrida: non vince sempre il torero. Attenti a Riganò, vale l’85% del loro attacco»
De Biasi, sta già pensando al Messina?
«Ovviamente sì».
Sensazioni?
«Può essere una partita fondamentale per noi, soprattutto se ne usciremo con un risultato importantissimo ».
Anche importante potrebbe bastare…
«Importante vorrebbe dire pareggiare: se si può vincere, io preferisco».
Giocate in trasferta, avete due risultati su tre, potreste speculare col classico ma mai vetusto: primo non prenderle.
«Non è una mentalità che ci appartiene. Anzi, ci penalizzerebbe, perché dái e dái alla lunga il gol finiremmo col prenderlo. Meglio provare a darla noi per primi la zampata sulla partita».
Che clima s’aspetta?
«Caldo, dentro e fuori dal campo. Più che uno stadio troveremo una bella arena e, presumibilmente, un’intensa corrida».
Pure alla vigilia di Firenze voleva un Toro da corrida…
«Partita difficile, serviva una squadra con forti motivazioni e grandi attributi. Anche a Messina sarà così: e comunque non sempre vince il torero, ci sta che sia il Toro a prevalere».
Per riuscirci dovrete esibire una prestazione accorta e tatticamente intelligente.
«Non solo: anche gagliarda e generosa. In casa abbiamo vinto gettando il cuore oltre l’ostacolo, a Firenze abbiamo fatto bella figura nella prima mezz’ora giocando con grinta e attenzione. Rivoglio quel Toro, una squadra che si dà sempre una grande mano».
L’organizzazione del Toro contro Riganò e compagni: condivide?
«Riganò è il loro terminale offensivo più importante, credo che da solo incida per l’80-85% sui risultati del Messina. Dovremo arginarlo sul nascere, inibendo le fonti del gioco e i rifornimenti per lui in area».
Qualsiasi squadra della serie A ha un bomber di riferimento: il Toro no.
«A me francamente preme poco chi segna, dobbiamo cementare la nostra identità di squadra. Certo, se le punte fossero maggiormente gratificate sarei contento per loro, gli attaccanti vivono per il gol. Nel nostro caso però partecipano anche molto alla costruzione dell’azione, poi si prodigano in un lavoro oscuro, per aprire il campo o fare sponde per i compagni».
Resta il fatto che gli attaccanti del Toro, oggettivamente, tirano poco in porta.
«Può darsi, ma se accade è perché non li abbiamo messi nelle migliori condizioni per farlo. Insisto: non ricerco il miglioramento dei singoli, ma un’ulteriore evoluzione nelle prestazioni del collettivo».
Come sta Konan?
«E’ al 60% della condizione ottimale, sta crescendo, confido molto anche su di lui per questo finale di campionato».
Muzzi lo considera ormai come seconda punta?
«Sì, e anche lui si vede così»
Gli altri hanno il bomber, voi avete Rosina.
«Non è un attaccante, ma è molto importante per il Torino. Che il Toro non sia solo Rosina per ora è un auspicio, una speranza: la certezza è che Ale non usa il suo talento per se stesso, ma mette le sue qualità al servizio della squadra».
Lo ha ritrovato maturato, migliorato, diverso rispetto a settembre?
«Rosina è un ragazzo intelligente, è cresciuto molto anche umanamente, reggendo con personalità il peso delle responsabilità. E’ consapevole del suo ruolo, davanti a sé può avere un futuro straordinario se saprà gestire a dovere le enormi doti che gli ha dato Madre Natura».
Quando parte palla al piede, dritto per dritto, non somiglia un po’ a Kaká? Nessuno riesce a stargli dietro…
«Dal basso verso l’alto… un po’ sì, gli somiglia. Battute a parte, Rosina ha ancora notevoli margini di miglioramento. Sarà anche piccolo di statura, però ha forza, corsa, resistenza: se continua di questo passo arriverà presto il giorno in cui il modello diventerà lui per gli altri».
Come sta Coco?
«E’ uscito prima dal campo per una contrattura alla coscia, spero si tratti di nulla».
E Barone?
«L’ho visto bene, in netta crescita. Sta ritrovando un po’ di condizione, denota grande voglia e disponibilità: in partitella ha giocato già a buoni ritmi, è un ragazzo che ci darà un sostanzioso contributo, ne sono certo».
Torniamo al Messina. Ciò che è accaduto a Caglioni è lo specchio di questa società?
«Non sono nessuno per sentenziare su un argomento tanto delicato. In carriera m’è capitato di vivere una situazione del genere con Bachini, ti interroghi sui perché e non ti dai risposte. Sbagliare è umano, quando si è giovani incappare in una leggerezza è ancora più facile. Qui però il problema non è solo di immagine o di carriera: con la droga si rischia di buttare via una vita cercando scorciatoie che ti fanno stare bene con una gioia momentanea ed effimera, ma la strada maestra è un’altra. Non conosco il caso di Caglioni, spero che si tratti di un errore, che non sia vero: glielo auguro di cuore, è così giovane…».
A proposito di giovani. Anche lei come Zaccheroni giudica Ogbonna un elemento della Primavera aggregato in prima squadra?
«No, per me Angelo è un giocatore della prima squadra che ogni tanto gioca con la Primavera. Non a caso l’avevo portato in ritiro, la scorsa estate».
Curiosità: c’è il suo zampino nel premio salvezza?
«No, assolutamente. Credo sia un’idea nata nel ritiro di Desenzano, o comunque prima che io tornassi. Tutti siamo tesi al raggiungimento dell’obiettivo salvezza. Se poi il premio contribuisce al mantenimento della serie A, benvenga».
A cura di
Piero Venera
(ww.tuttosport.com del 14-03-07 /pag 11)
Fonte: TuttoSport