“Ho sposato l’Albania.Una lettera ai giocatori e siamo nella storia”
Il tecnico e il miracolo qualificazione a Euro 2016
Da una festa all’ altra. E in mezzo, premi, riconoscimenti, discorsi. Del premier, del presidente della Repubblica, del n° 1 della federcalcio. Dall’aeroporto al parlamento, dalle strade alla piazza più grande di Tirana. Sempre in mezzo a tantissima gente festante e riconoscente. Il giorno dopo aver scritto la storia del calcio albanese, per Gianni De Biasi è stata una faticaccia. Quante soddisfazioni, però!
Complimenti, ct. Ha un Paese ai suoi piedi. Emozioni?
«Tantissime, tutte meravigliose. Con due pensieri speciali». Per chi? «Per i miei giocatori, intanto: è da domenica sera che leggo la gioia nei loro occhi. E poi, per mia figlia e mia moglie Paola».Che, navigando su Internet, abbiamo scoperto essere diventata albanese… «Bella bufala, quella. Quando mi hanno dato la cittadinanza per meriti sportivi, un suo collega ha scritto che da tre anni ero sposato con una di qui. Non aveva capito una battuta fatta in una conferenza stampa.Dissi: da tre anni ho sposato un’albanese, ma mi riferivo alla Nazionale…».
È un matrimonio che potrebbe durare a lungo. Il premier Rama ieri le ha detto pubblicamente: “Ti vogliono in tanti, ma noi non ti molliamo più”…
«Pensiamo agli Europei, poi vediamo».
Quindi, al girone per i Mondiali contro l’Italia non ci arriva?
«Chissà. E magari la incontrerò già in Francia».
Dica la verità: per lei è stata una bella rivincita.
«Sì, anche. Su quello che non ho potuto fare nel calcio italiano. Tranne nel primo anno al Toro quando ho avuto carta bianca nella scelta dei giocatori»
Con l’Albania ha avuto piena libertà, vero?
«Certo. Ho cercato i giocatori in giro per l’Europa. Ho parlato con chi poteva far parte del progetto. Ho voluto capire fino a che punto ci credeva».
Ma davvero pensava di andare all’ Europeo?
«Senta qui. Febbraio 2012, debutto con la Georgia: prima del match do una lettera ai giocatori. C’era scritto che se mi seguivano potevano entrare nella storia albanese. Fatto, no?»
Quale la difficoltà maggiore?
«Quella citata nel discorso fatto in occasione della laurea honoris causa ricevuta 10 giorni fa: gli albanesi hanno un senso di appartenenza alla nazione pazzesco, ma anche la tendenza a sedersi appena ottengono qualche risultato. Ho dovuto lavorare molto su questo tasto».
Qual è il segreto dei ct italiani?
«Possiamo far valere una grande scuola, quella di Coverciano, e l’esperienza. A un patto».
Quale?
«Non voler fare troppo i professori. E calarsi nella nuova realtà con umiltà e capacità di adattamento».
Ha avuto problemi, lei?
«No. Io mi sento albanese. Così come mi ero subito sentito uno del Toro. Mi piace entrare nella realtà in cui lavoro. La gente se ne accorge e si crea un gran bel feeling. Che aiuta a vincere».
A cura di Roberto Condio per la Stampa