Un Toro cinico sfida la sorte, ingraziandosela
Cinico, concreto, solido e fortunato. Il Toro di oggi è questo. Lo si era visto e apprezzato a Verona, poi in casa con Avellino e Rimini e lo si è potuto gustare e comprendere ancora meglio a Brescia, dove un assist all’incontrario del difensore avversario più simpatico ai colori granata in questa stagione, Davide Zoboli, ha liberato Abbruscato verso il proprio quarto gol in maglia granata, siglato dopo una mezza circumnavigazione del portiere Viviano.
Quello che però rimane meglio impresso negli occhi degli spettatori, è l’immagine dei granata negli ultimi minuti della partita. L’autorevolezza con la quale dal 86’ al 93’ hanno mantenuto il possesso della palla, con passaggi telecomandati, fraseggi accelerati e senso tattico inoppugnabile, non consentendo ai giocatori di Zeman un benché minimo assalto all’arma bianca verso la porta di Taibi e controllando la situazione col piglio della grande squadra, capace di congelare la partita aspettando la fine delle ostilità.
Grande regista di un film dai contorni anche drammatici, se ci vogliamo soffermare sugli episodi di violenza prima della partita e alle contestazioni durante lo svolgimento della stessa nei confronti della società lombarda, è stato Gianni De Biasi, traghettatore di una compagine che, mano a mano che si avvicinava il momento del calcio d’inizio, ha dovuto fare i conti con episodi estemporanei e sfortunati.
E si, perché se l’indisponibilità di Muzzi, tenuto in panchina per una caviglia in disordine, e quella di Rosina (Under 21) erano state amaramente preventivate, l’assenza di Stellone, già sofferente per altri motivi nella rifinitura di Borgaro, e l’infortunio di Ardito nel riscaldamento pre-partita, sparigliavano le carte del tecnico trevigiano, costretto in corsa a correre ai ripari, e obbligato, infine, dopo pochi minuti dall’inizio del match, ad affrontare altre due situazioni estreme tutt’altro che semplici da gestire: il problema capitato a Nicola (presunta distorsione) e l’espulsione di Lazetic per proteste nei confronti del direttore di gara.
Da questi avvenimenti contrastanti, presagi anche negativi di come potessero andare le cose al Rigamonti, Brevi e compagni hanno saputo tirar fuori quella grinta e sicurezza in loro stessi che solo un attento e longevo lavoro di fortificazione psicologica da parte del loro allenatore poteva alimentare. E tra mille insidie, pressioni e polemiche questo 0-1 è maturato con naturalezza, come giusta ricompensa delle difficoltà incontrate, faccia arridente di una sorte malevole fino al 44’ del primo tempo, che il destino regala agli uomini intraprendenti e coraggiosi.
Ma veniamo al match. Il Toro si presentava al Rigamonti in formazione rimaneggiata.
Privo di ben quattro titolari, De Biasi affidava il reparto avanzato alla strana coppia Abbruscato-Vryzas, mentre consegnava la fascia mancina a Music ed il lucchetto del centrocampo a Edusei. Il Brescia, dal canto suo, intonava la solita melodia zemaniana, presentando un 4-3-3 piuttosto dinamico, caratterizzato dai movimenti laterali di Del Nero e Possanzini, coordinati al servizio della boa centrale Salvatore Bruno, uno egli ex di turno.
La gara procedeva nervosa e fallosa, senza fluidità di manovra né da una parte, né dall’altra. Nicola si faceva male, lasciando spazio a Martinelli, la tensione in campo cresceva proporzionalmente al minutaggio, e Lazetic iniziava un intreccio di proteste e lamenti isterici al quale Ayroldi, specchiatosi un po’ troppe volte nell’acqua di Molfetta, poneva clamorosamente fine con un cartellino rosso di pusillanime severità.
L’inferiorità numerica galvanizzava le rondinelle che un minuto dopo sfioravano il vantaggio proprio con Sasà Bruno, ottimo nel liberarsi al tiro davanti a Taibi, altrettanto abile, però, nell’uscita repentina a copertura dello specchio della porta. Il Toro dava, per un attimo, l’impressione di un pugile barcollante dopo aver subito un gancio destro a volto scoperto, ma rimaneva stoicamente in piedi, incassando i colpi senza cadere al tappeto, guardia bassa e colpo in canna. E a sparare allo scadere, infatti, era Abbruscato, complice il regalo avversario già narrato.
La ripresa, cominciava sulla falsariga della prima frazione. Il Brescia faceva la gara, senza trovare spunti o varchi degni di nota, mentre la muraglia granata si ergeva ad altare della patria, chiudendo i battenti e respingendo qualunque velleità zemaniana.
Vryzas, bravissimo nell’interpretare un ruolo a metà tra il trequartista, il quarto centrocampista e la seconda punta, attirava su di sé Zoboli e Mareco, uccellandoli con un passaggio a centro area per il solissimo Abbruscato. L’ex aretino, stoppava la sfera, si coordinava per la conclusione, ma Viviani battezzava l’angolo giusto dove tuffarsi, ed il sogno del raddoppio moriva strozzato nella gola della Maratona itinerante.
Alcuni ipotizzavano l’ennesimo preludio della beffa finale, ma il Toro di questo periodo non è più quello invernale di Bari e la gara terminava praticamente con quel episodio. C’era ancora spazio per il protagonismo del direttore di gara che espelleva Di Biagio per un intervento irregolare ma in totale buona fede, e la partita rassegnava le sue dimissioni con fumogeni invadenti e le perplessità dei supporter locali, nauseati dalle decisioni di una presidenza tanto mutevole ed incomprensibile quanto distruttrice.
E mentre il tifoso bresciano levava in alto cori e striscioni contro la proprietà, i sostenitori granata intonavano “Happy birthday” per le quarantanove candeline del presidente Cairo, testimonianza vivente di come nella vita la ruota gira proprio per tutti…
Fonte: Granatissimo