De Biasi azzecca tutto
Corti, accorti e aggressivi.
Erano questi gli aggettivi ai quali De Biasi ispirava il prepartita di Torino-Mantova, questi i dettami consegnati alla squadra. E’ così è stato, con il surplus di qualche altra sensazione positiva, ad esempio quella di risultare, a tratti, pure belli e spettacolari: nella manovra collettiva, nelle giocate individuali, e soprattutto nella logicità ai fini della copertura degli spazi in dieci contro dieci.
Merito di De Biasi, (“che non ha sbagliato nemmeno un cambio, stavolta” – Cairo docet) e qualche peccato di presunzione ad appannaggio di Mimmo Di Carlo, acerbo tecnico dal futuro sgargiante.
Si diceva, ad inizio settimana, che quella al Delle Alpi fosse la sfida tra due squadre fotocopia, entrambe plasmate sul 4-4-2 a trazione anteriore sulle ali, e non ci si sbagliava. L’assetto dei due schieramenti si fondava su un centrocampista di ragionamento (Gallo da una parte e l’ex Brambilla dall’altra), l’interditore ruba palloni al loro fianco (Ardito e Grauso) e due laterali di sfondamento (Lazetic-Ferrarese tra i locali, Caridi-Tarana per gli ospiti) a sostenere la manovra offensiva alimentando le punte, (alte e prestanti come Abbruscato e Graziani, agili e mobili alla maniera di Muzzi e Poggi).
La differenza, però, la faceva l’atteggiamento dei due schieramenti, aggressivi e mordaci, i granata, remissivi e attendisti, ma sempre pronti alle ripartente, i lombardi. E se nei primissimi istanti il Mantova sembrava poter aggiudicarsi il confronto nel possesso della sfera, mano a mano che scorrevano i minuti era il Toro a fare la partita, con un Gallo sorprendentemente dinamico e bravo nel dettare i ritmi dell’azione, retrocedendo a prendere palla davanti alla retroguardia, ed innescando a turno Ferrarese e Lazetic, o tentando il lancio in profondità (stavolta più precisi del solito) in direzione di Abbruscato e Muzzi.
Gallo, dicevamo, che ha interpretato il ruolo in maniera diversa sia nella qualità individuale, sia nelle disposizioni affidateli da De Biasi. L’ex trevigiano, infatti, veniva sovente invitato dal tecnico, una volta innescata la manovra, ad avanzare sulla trequarti avversaria, tentando quegli inserimenti centrali che al Toro non si vedevano dallo scorso anno, quando a rompere e sorprendere i meccanismi altrui erano le avanzate di Conticchio. A dir la verità, il centrocampista trentacinquenne non ha mai impegnato il portiere virgiliano e non è mai stato chiamato alla conclusione, ma dalla tribuna appariva stupefacente (a causa del buio delle precedenti partite) ammirare la trasformazione della forma geometrica della mediana granata, disinvolta nel passare frequentemente, da una retta orizzontale (uomini in linea), ad una specie di rettangolo (Gallo-Ardito bassi, Ferrarese-Lazetic alti), fino a comporre un rombo, con l’ex senese a protezione della difesa, le ali leggermente accentrate e Gallo un pelo sopra, spostato in avanti a supporto degli attaccanti. Attimi, frazioni di secondo, però rilevanti, perché sinonimi di una volontà, quella di De Biasi, di provare soluzioni alternative alla solita manovra accerchiante.
E se nella prima frazione entrambe le squadre riversavano le loro offensive su un unico lato del campo (Lazetic imperversava sulla destra, Caridi risultava il più attivo dei suoi sulla mancina), l’espulsione di Mezzanotti a fine primo tempo ridisegnava gli equilibri del match, aprendo ad una ripresa decisamente più emozionante ed intensa.
Senza il proprio terzino destro, Di Carlo sfidava la sorte avversa, non modificando l’assetto introduttivo e mantenendo il medesimo schieramento di inizio gara “puntando, a torto – dirà in conferenza stampa – sulla presunta giornata di scarsa vena di Ferrarese”, lasciandogli campo e spazio, e chiedendo a Tarana il doppio lavoro di terzino e centrocampista. Scelta sbagliata, perché all’ex cagliaritano non sembrava vero di poter cavalcare praterie semi desertiche, senza subire mai un raddoppio in marcatura, potendosi esibire nella situazione in cui si esprime al meglio: l’uno contro uno in velocità.
E mentre il Mantova, andato in svantaggio e seppure tornato in parità numerica grazie alla follia di Muzzi, insisteva in un 4-3-2 suicida, tenendo Poggi vicino a Graziani ed il centrocampo in palese sofferenza a prestare il fianco ai granata, De Biasi lasciava al solo Abbruscato (peraltro bravissimo) il compito di reggere l’intero peso dell’attacco, mantenendo invariate le posizioni dei quattro centrocampisti e continuando, con un uomo in più in mezzo, il pressing e l’aggressività sui portatori di palla di Di Carlo.
Il raddoppio, giunto, manco a dirlo, proprio ad opera di Ferrarese, rinsaviva il tecnico ex vicentino, che correva ai ripari chiudendo la fascia scoperta con l’inserimento di Sacchetti, un fluidificante, e la rinuncia a Brambilla. Ma la frittata era fatta, c’era il tempo per la passerella finale di Rosina e Fantini, con il primo che, insieme ad Abbruscato, concedeva esibizioni circensi e spunti da campioncino, poi Tombolini fischiava la fine e la Maratona poteva esultare.
A Cura di
Federico Freni
Fonte: NESTI CHANNEL