De Biasi chiede garanzie: “Un Toro importante e resto”

«Pensiamo a salvarci. E poi ci toglieremo qualche sassolino dalle scarpe». L’ha detto Gianni De Biasi domenica, dopo il vitale 1-0 sul campo della Roma, e il pensiero è corso subito ai fastidi che hanno tormentato la stagione del tecnico granata: il mercato mal sopportato, l’esonero a tre giorni dal campionato, il ritorno fra le macerie del dopo-Zaccheroni, i troppi giocatori da rianimare, un ambiente che non sa cosa sia l’equilibrio. Ne avrebbe per tutti, insomma, se solo potesse-volesse dire tutto. Dovesse mai farlo, significherebbe una sola cosa: aver deciso di dire addio al Toro, nonostante il contratto buono fino al 2008.

Non capiterà, invece. E, quando sarà salvezza al 100%, i sassolini estratti da De Biasi avranno un solo vero scopo: poter lavorare meglio in futuro. Nel Toro, con Urbano Cairo, con questi tifosi e questi media. Se c’era ancora qualche dubbio sulle intenzioni di Gdb, è sparito ieri pomeriggio durante la presentazione dell’ennesimo libro a tinte granata: «Ho perso la testa per te», di Sabrina Gonzatto. «Per il Toro è successo anche a me – ha confessato De Biasi -. Ho perso la testa e pure qualche anno di vita». Paola, la moglie presente in platea, ha confermato: «Ha trovato la piazza ideale per uno come lui, vulcanico e appassionato». E a quel punto, il marito allenatore, ha calato il carico: «Ho sposato il progetto del Toro perché ambivo a confrontarmi con questa realtà e questi tifosi. Sapevo di toccare il punto più alto della mia carriera e ora spero di rimanere qui il più a lungo possibile. Salviamoci, intanto. E poi, se ci saranno le condizioni per fare una squadra importante, mi auguro che ci si possa legare per più anni ancora e toglierci altre grandi soddisfazioni insieme».

Un chiaro messaggio per Cairo, al quale il presidente aveva però già risposto domenica dopo il blitz romano: «Abbiamo ancora un anno di contratto e se raggiungeremo la salvezza rimarremo insieme. Poi ragioneremo per il futuro, ma con De Biasi il rapporto è ritrovato pienamente». Affermazione, quest’ultima, da verificare magari dopo aver preso nota dei famosi sassolini del tecnico. Che, per quanto riguarda Cairo, si riferiranno allo spessore del «progetto», alla titolarità delle scelte di mercato da ridiscutere e, naturalmente, anche al vil denaro. Sul tavolo De Biasi avrebbe infatti da mettere un’altra impresa mica trascurabile dopo quella della A conquistata al primo tentativo con una squadra costruita al volo. E quel boccone dell’esonero settembrino ancora da digerire. «Mai visto Gianni così male come quel giorno – ha rivelato ieri la moglie -. Era anche il compleanno di nostra figlia, un momento particolare. E’ stata dura, ma alla fine ripartire riazzerando tutto è stato un bene. Il Toro, però, nemmeno in quei mesi se l’è mai tolto dalla testa. Lo cercavano altre squadre e lui rifiutava. Aspettava “quella” chiamata, sperava di poter riprendere il lavoro che aveva dovuto interrompere».

Cairo ha fatto dietrofront il 26 febbraio, dopo i sei ko di fila dell’ultimo Zac. Quel giorno De Biasi ha subito riannodato i fili con il «suo» Toro, quello salito dalla B con la testa e il cuore. Ha ripristinato la spina dorsale Brevi-Gallo-Ardito-Muzzi, ha fatto un’iniezione di coraggio e autostima a tutti, è tornato a mettere insieme punti alla sua maniera, arrangiandosi con quel che aveva: capitalizzare al massimo i pochi gol segnati, blindando la difesa. Risultato: 17 punti con appena 9 gol. Media 1,88 contro l’1,22 di Zaccheroni (22 punti con 18 reti). Un capolavoro di utilitarismo. Da completare negli ultimi 180’ di campionato. A partire dal Toro-Livorno di domenica che, in caso di vittoria, varrebbe già la festa dello scampato pericolo. Uno spareggio da giocare senza lo stirato Stellone ma con il probabile recupero di Abbruscato. Una sfida già cominciata, almeno a parole. Ai dubbi di Spinelli e Lucarelli sulla bontà dell’1-0 di Roma, De Biasi ha replicato così: «Hanno perso una buona occasione per stare zitti. Prima di parlare bisognerebbe aver visto la partita. Tre legni e 15 corner giallorossi possono bastare?».

Fonte: La Stampa