De Biasi: “In Albania scende in campo anche un po’ del mio Piemonte testardo e vincente
La seguiamo con un affetto secondo solo a quello dell’undici Azzurro. Merito, in generale, della storia più recente che ci vede emigranti anche oltre Adriatico; e, in particolare, di un Mister che, con la Nazionale dell’Albania, riflette la determinazione a essere in Europa da protagonisti e senza complesso alcuno di sudditanza. E che sia un italiano, ora anche cittadino del Paese di Skenderbeg, a portare avanti questo piccolo grande miracolo, non può che motivarci anche al di qua del mare Adriatico. Mister Gianni De Biasi, 3 a 0 a tavolino contro la Serbia e l’abbraccio dei tifosi in piazza Madre Teresa a Tirana.
Albania più vicina all’Europa, anche con il calcio,oltre che con i negoziati politici?
È innegabile che nell’ultimo triennio il Paese delle Aquile si sia avvicinato sempre di più all’obiettivo auspicato da molti albanesi: ossia l’entrata in Europa, con un ruolo non subalterno. Anche noi, con la nostra Nazionale, stiamo contribuendo a questo e andando oltre ogni più rosea previsione. Inseriti in un girone di ferro, con squadre del calibro del Portogallo, Serbia e Danimarca, oggi ci troviamo a recitare un ruolo da protagonisti nella qualificazioni per Euro 2016 in Francia. Dopo la vittoria in Portogallo e il pareggio in casa contro la Danimarca è arrivata la vittoria contro l’Armenia, e più di recente, appunto, la vittoria a tavolino contro la Serbia dopo vari gradi di giudizio”. Insomma, un momento d’oro per il Paese delle Aquile e per il rapporto che l’Italia ha con esso.
Lei, Mister, si trova a riassumere ora aspettative e sentimenti, che sono enormi, degli italiani in Albania.
Il popolo albanese da sempre ha visto nell’Italia una finestra sull’Occidente; dopo 40 anni di isolamento dal resto del mondo, a eccezione dei rapporti con Russia e Cina per limitati periodi storici, guardava al nostro Paese come i nostri nonni all’America. Quella striscia di mare Adriatico fra i due Paesi, che per 45 anni li divise come fosse un oceano, rese questo sogno possibile. Ho ancora impresso nella memoria, solo un quarto di secolo fa, il primo sbarco a Bari della nave Vlora. Sono certo che molti di noi ricordano lo sgomento di quelle immagini che interrogavano le nostre coscienze. Ora siamo spesso noi italiani a compiere il percorso contrario, alla ricerca di nuove opportunità. Anch’io faccio parte di questa nutrita schiera. Incontro tantissimi italiani durante i miei soggiorni a Tirana o nei miei spostamenti, e vedo con quanta passione seguono quello che stiamo costruendo con la Nazionale albanese. Si sentono coinvolti e partecipi della nostra “avventura”, come se questo sogno che si sta materializzando producesse anche nella società civile, nelle relazioni economiche e nella cultura un volàno positivo, un biglietto da visita unico per far conoscere una Comunità e un Paese abbattendo stereotipi e luoghi comuni.
Lei simboleggia, in effetti, questa perfetta integrazione fra i due Paesi. Con un anno di anticipo i vertici dello Stato le hanno conferito la cittadinanza albanese. Un traguardo nel traguardo?
Per me è stato sicuramente più facile l’inserimento e l’ambientamento, in ragione del mio ruolo, ma credo che Tirana e gli albanesi siano molto ben disposti nei nostri confronti. Dopo tre anni e mezzo ho avuto la piacevolissima sorpresa di ricevere la cittadinanza albanese, direttamente dalla mani del Presidente della Repubblica Nishani, intervenuto di persona a consegnarmela durante il ritiro pre Armenia, davanti a tutti i miei ragazzi e ai vertici federali, per il lavoro svolto con la Federazione e credo anche per l’opera di “Ambasciatore sportivo” dell’Albania in Italia e per aver contribuito a un’informazione coerente e libera da luoghi comuni.
Una curiosità storica. Quando e come si è avvicinato al Paese delle Aquile?
Ho avuto il primo contatto tramite un giornalista sportivo che mi chiedeva se fossi interessato ad allenare una Nazionale. Io avevo finito in modo traumatico la mia esperienza all’Udinese, volevo rimettermi alla prova quanto prima. Sulle prime dissi che non mi interessava. Dopo qualche giorno, lo stesso giornalista mi chiese almeno di incontrarli. Due giorni dopo, in un Hotel di Milano, incontrai per la prima volta il Presidente Duka e parte del Direttivo della Federazione. Passò qualche giorno appena e mi contattarono per dirmi che ero stato scelto tra tutti i candidati in lizza.
La partita emotivamente più avvincente? Tolta quella contro la nazionale serba, cosa ha provato nell’affrontare l’Italia a Genova, con più tifosi albanesi che italiani?
Alla mia prima conferenza stampa in Albania, una delle primissime domande fu: “Quando giocheremo contro l’Italia?”. Questo per dire quanto gli albanesi ambissero vedere la propria Nazionale confrontarsi in campo gli Azzurri. Io mi impegnai tantissimo già con Prandelli per fare in modo che questo avvenisse, ma i tempi ancora non erano maturi. Poi ho incontrato Antonio Conte a San Pietroburgo durante un Convegno Uefa. Lui, da poco allenatore dell’Italia, stava cercando un avversario per un’amichevole dopo la partita contro la Croazia. In pochi minuti ci siamo accordati. Il 18 novembre allo stadio Marassi di Genova si giocò quindi fra le nostre due Nazionali. Atmosfera surreale, sembrava di essere in Albania. Lo stadio era tutto tappezzato di Aquile e i tifosi rossoneri in nettissima maggioranza. Il momento clou per me è stato all’Inno Nazionale dell’Italia: sentire 23 mila albanesi cantare anche Mameli, è stata una delle più belle emozioni della serata, e ci spiega, oltre ogni dibattito sociologico, l’affetto collettivo e l’avvenuta integrazione di questo popolo in Italia.
Mister, il suo nome è legato alle prove e al buonissimo ricordo diffuso che il suo lavoro di Allenatore granata ha lasciato a Torino. Il Piemonte Le vuole bene, lo so perché vengo da una provincia come Cuneo pur essendomi anche io trasferito a Tirana, e si sa che Lei della regione subalpina ama i luoghi tipici e la buona tavola in compagnia di amici e sportivi. Il suo lavoro le consente di tornarvi qualche volta?
Il ricordo indelebile per me, ma credo anche per i tifosi granata, è la serata al Delle Alpi contro il Mantova. In quei 90 minuti si decideva il destino del primo Toro dell’era Cairo. Avevamo vinto nove delle ultime dieci partite di campionato, ma non bastavano per arrivare direttamente in A. Dovevamo andare ai play off ! Ricordo la felicità, la gioia, il pianto emozionato di tifosi, dirigenti e giocatori quella sera. Io mi sono identificato fin da subito nello spirito granata e credo, anche per questo, di essere stato sempre rispettato dalla maggior parte dei tifosi. Durante i miei anni al Toro, ho potuto apprezzare il territorio e la sua cultura enogastronomica , scoprire l’unicità della cucina piemontese e in particolare delle Langhe. Ultimamente sono stato a trovare i miei amici Renzo e Giampiero al ristorante Antica Corona Reale. Scegliere la loro innata cortesia, la raffinata competenza e gustare l’eccellenza dei loro piatti è un regalo che ancora oggi mi concedo. Peccato ahimè, che il tempo e le distanze dilatino moltissimo queste occasioni”.
Le vittorie a tavolino e le pause a tavola destano sempre grandi emozioni che ripetere non è mai troppo. Auguri Mister!
Alessandro Zorgniotti