Torino in salvo, amaranto retrocessi
Nella curva granata 2500 tifosi e un canotto. Il piccolo natante, uno di quelli che i bambini usano al mare, veniva passato di mano in mano e aveva un significato particolare, perché prima di giocare il Toro era davvero all’ultima spiaggia. Vincere o continuare a soffrire. Invece il miracolo, la grande impresa come la chiama De Biasi, si è compiuto con una giornata di anticipo. Proprio come l’anno scorso contro il Livorno, con la differenza che dodici mesi fa festeggiavano in due, mentre ieri i toscani sono precipitati in B dopo un campionato di grande sofferenza.
Ha deciso Rosina. Giusto così. Gol, partita e salvezza nei piedi del capitano che rappresenta il fiore all’occhiello della squadra, anche se durante la stagione la sua classe non è sempre emersa in maniera prepotente come tifosi e società si sarebbero aspettati. Così il capitolo si chiude. Il Toro resta nel calcio che conta, ma adesso dovrà meditare sulla sua annata piena di sofferenze e contraddizioni per farne tesoro in vista della prossima stagione. Che nessuno vuole sia altrettanto tribolata e comunque ben diversa dalle attese della vigilia.
Il Toro era partito pensando in grande. Troppo. Non aveva un organico giusto per puntare alla zona Uefa come si diceva, ma non era neppure una squadra condannata a soffrire come è poi successo. Errori di mercato, errori di Novellino che ha lavorato con serietà e ha provato a dare un gioco ai suoi ragazzi. Impresa fallita in parte per i demeriti del tecnico, che ha cambiato troppo la squadra nel tentativo di trovare una via d’uscita, ma anche per gli infortuni (oltre 100), che portano il Toro in testa alla speciale classifica della sfiga. Così, sommando tutti i problemi, si è arrivati ad avere l’acqua alla gola e a non trovare più una via d’uscita. L’unica scelta che i presidenti hanno a disposizione in questi casi è il cambio dell’allenatore e Cairo non si è sottratto ai suoi doveri di tagliatore di teste, cacciando Novellino, proprio nel momento in cui la squadra era in caduta libera.
Ha avuto fiuto o ha avuto fortuna? Entrambe le cose. De Biasi ha raccolto i resti del povero Toro («quando sono arrivato ho trovato una situazione psicologica incredibile, giocatori insoddisfatti», la sua spiegazione) e ha cercato soprattutto di riportare un minimo di serenità in un gruppo di schizzati. «Salvarsi è stata un’impresa» ha ammesso ieri il tecnico, anche perché dal momento del suo ritorno alla base aveva di fronte Inter, Roma e Napoli. Ha scollinato senza farsi impressionare dalla batosta contro i romanisti, ha dato una fisionomia alla squadra e non l’ha stravolta fino all’ultimo minuto della partita di ieri. Meriti ne ha tanti, anche quello di aver sgombrato la mente dei giocatori, frastornati dalla cura Novellino, e di aver saputo motivare uomini chiave come Rosina, Corini, Stellone.
Così il Toro di Cairo, partito dalla B, prende residenza stabile nel campionato che conta. Il problema sarà continuare a restarci anche in futuro, senza dover sempre guardare più la coda che la testa della classifica. Le cose buone da salvare sono parecchie. Su tutti quel fenomeno di Sereni, ma anche altri giocatori che pilotati nella maniera giusta possono essere una sicurezza per il Toro che verrà. «L’errore più grave sarebbe quello di rivoluzionare la squadra». Lo ammette De Biasi che ha un contratto per altre due stagioni ed è pronto a rischiare, perché «io sono uno da azioni non da Bot». Salirà tre volte in bici a Superga per un voto fatto quando tutto sembrava precipitare. La Grande Impresa gli è riuscita per la seconda volta consecutiva. Ma, pur essendo uno che ama complicarsi la vita, vorrebbe provare a vedere come vive uno che non deve sempre salire in corsa sull’ultimo treno.
Fonte: La Stampa web